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martedì 16 settembre 2014




La serie tv "Lost" ha vinto: Emmy Awards 2005: Miglior regia per una serie drammatica (J.J. Abrams), Miglior serie drammatica, Golden Globes 2006: Miglior serie drammatica, Emmy Awards 2007: Miglior attore non protagonista per una serie drammatica(Terry O'Quinn/John Locke), Emmy Awards 2009: Miglior attore non protagonista per una serie drammatica(Michael Emerson/Benjamin Linus)


Lost

(Stati Uniti, 2004 - 2010)
Serie tv -  Stagioni 6 - Episodi 114 - Durata episodio 40'
Ideatori: J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber 
Genere: AvventuraCatastroficoDrammaticoFantascienza


Quando parliamo di Lost, serie tv trasmessa per la prima volta negli USA nel 2004 e giunto al termine con la sua sesta stagione, non parliamo solo di una serie tv di successo ma di un vero e proprio “caso televisivo”. Motivo principale una storia assolutamente innovativa costruita con una struttura del tutto particolare, in grado di rendere questo telefilm celeberrimo in tutto il mondo. Ogni episodio di Lost inizia infatti con un piccolo prologo di pochi minuti che giunge subito ad un culmine di drammaticità spezzato dalla comparsa del logo di Lost che appare ruotando verso lo spettatore. Di seguito l’inizio dell’episodio, anche questo con una struttura originalissima: all’interno non viene mai narrata una storia sola, bensì due: una appartenente al presente ed un’altra costituita da vicende accadute nel passato (e dalla terza stagione anche nel futuro) di quel dato personaggio su cui l’episodio ha deciso di porre l’attenzione in particolare.
Ambientato su una misteriosa isola tropicale in cui si ritrovano i sopravvissuti di un disastroso incidente aereo (a precipitare è il volo Oceanic 815 da Sidney a Los Angeles), “Lost” è totalmente incentrato sui suoi personaggi principali (all’incirca una quindicina in media), raccontati appunto uno ad uno attraverso flashback e flashforward nel corso degli episodi e delle stagioni. Insieme a loro c’è appunto l’Isola e il mistero fitto che nasconde al suo interno, ovvero “gli Altri” e il “Dharma Initiative Recruiting Project”.
Tema fondamentale e ricorrente, in “Lost”, è quello della Redenzione. La maggior parte dei superstiti del volo Oceanic sono infatti convinti di essersi comportati male nel loro passato e cercano dunque nell’Isola il modo di redimersi. Molti dei fedelissimi seguaci della serie sono inoltre convinti che sia proprio questa la chiave, il motivo per cui i superstiti del volo 815 sono lì sull’Isola.
Ed è proprio il mistero, la possibilità di mettere in piedi un numero davvero infinito di supposizioni (oltre ad una regia e ad una sceneggiatura a dir poco eccellenti) che ha reso “Lost” un vero e proprio fenomeno in grado di vincere numerosi riconoscimenti tra cui due Emmy e un Golden Globe come miglior serie drammatica del 2006 e di essere seguito da milioni di fans sparsi per tutto il pianeta.
La mia opinione è che gli autori della serie abbiano messo troppa "carne al fuoco" e di conseguenza spesso ho notato delle incongruenze e mi sono posta delle domande, alle quali non si è mai data una risposta. Alcuni rumors dicevano che "Lost" doveva finire con la quarta stagione, ma che considerato il grande successo si sia deciso di proseguire per altre due stagioni, che infatti risultano essere le meno belle. Nel complesso diciamo che "Lost" è una serie tv dalla trama imprevedibile e molto articolata, in alcuni tratti addirittura delirante. Molte puntate mi hanno appassionato, lasciandomi inchiodata allo schermo, soprattutto alcuni finali di stagione; di altre invece sono stata un po' meno entusiasta. Gli attori ci regalano sempre delle ottime prove, complice anche un' eccellente regia. Non posso dire che sia la mia serie tv preferita, ma tutto sommato l'ho abbastanza gradita e sicuramente centra il suo obiettivo, cioè l'evasione e l'intrattenimento. 

sabato 23 agosto 2014

Klimt - Alle orgini di un mito


Dal 17 aprile 2014 al 13 luglio 2014 - Milano, Palazzo Reale

Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30;
martedì, mercoledì e domenica dalle 9.30 alle 19.30;
giovedì, venerdì e sabato dalle 9.30 alle 22.30.

Ingresso € 11 con audio guida gratutita


La mostra, organizzata dal Comune di Milano, Palazzo Reale, realizzata in collaborazione con il Museo Belvedere di Vienna, presenta per la prima volta a Milano alcuni dei più noti capolavori provenienti dai più importanti musei. Però, chi si recherà a Palazzo Reale alla ricerca di un contatto ravvicinato con Klimt e ciò che lui incarna (che è poi quello che si ama delle sue opere) e cioè lo spirito della Secessione viennese, la versione austriaca dell'Art Nouveau francese, rimarrà un po' deluso, come lo sono stata io. Perché non c'è solo Gustav Klimt: c'è anche Ernst Klimt, il fratello scomparso precocemente, e c'è pure Georg Klimt, specializzato in rame a sbalzo e cornici. E poi ci sono gli amici e colleghi della Compagnia degli Artisti: Franz Matsch, Laufberger, Veith, Moser e tanti altri ancora. Insomma ci sono proprio tutti, tranne che Klimt. Infatti delle tele esposte, circa un centinaio, solo 20 portano la firma di Gustav Klimt; ma non solo, le opere che rappresentano il Klimt della Ver Sacrum (primavera sacra) della Secessione viennese, si contano sulle dita di una mano. C'è una riproduzione del fregio di Beethoven, c'è la celebre Salomè e c'è l'incompiuto Adamo ed Eva. Manca tutto il resto. Non ultimo il celebre "Il Bacio".
Quando so che sta per partire la mostra di qualche pittore che vorrei andare a visitare, mi riprometto sempre di essere una dei primi visitatori. Invece anche questa volta, e non è la prima, mi sono ridotta ad andare il giorno 12 luglio (la mostra chiudeva i battenti il 13). Uno dei lati positivi di andare fra gli ultimi, uno dei pochi lati positivi a dire la verità, è che almeno non fai la coda. Stavolta invece non è andata così: un'ora e mezza di coda prima di riuscire a fare il biglietto... meno male che la giornata era abbastanza nuvolosa e almeno non abbiamo sofferto, sotto il sole di luglio. Oltra alla coda, il lato negativo di tutto ciò è che una volta che entri nelle sale, c'è caos... non si riesce a muoversi con facilità, né a godersi appieno i quadri, per via della gente che si accalca davanti al tal dipinto o al tale altro. Se poi la tela è "importante" è quasi impossibile riuscire ad ammirarla nella sua pienezza, perché tutte le persone si concentrano lì davanti e a volte anche un po' maleducatamente, non si schiodano nemmeno con le cannonate (forse saranno colpiti dalla sindrome di Stendhal?!). Infine, l'audioguida: infilo le cuffie e parte il racconto e la spiegazione delle tele... nulla da dire nei confronti della voce narrante, né del traduttore del curatore della mostra, l'affermato studioso di Klimt e vicedirettore del Belvedere Alfred Weidinger, ma ORRORE... quando apre bocca la maggiore esperta di Klimt in Italia... vengo assalita da un forte accento siciliano, molto sgradevole!!! Per quanto riguarda la sua preparazione non mi permetto di mettere becco, anzi chapeau perché spiegava tutto nei minimi dettagli e parlando veramente con cognizione di causa, ma devo dire che si faceva molta fatica a seguirla perché l'accento era davvero molto forte per cui il tutto risultava molto fastidioso... io le suggerirei un piccolo corso di dizione... Nel complesso comunque per me è un grosso NO!

Salomé, 1909

venerdì 30 maggio 2014

Mein Kampf
Autore Adolf Hitler


Il Mein Kampf di Adolf Hitler è un documento storico notevole per comprendere l'epoca e le caratteristiche del movimento fondato dal suo autore. Gli anni giovanili di Hitler rappresentano qualcosa di particolarmente significativo per la comprensione del periodo fra le due guerre. Hitler passò quegli anni a Vienna in condizioni di grave difficoltà economica nonostante la sua famiglia non fosse esattamente povera. Una condizione che sicuramente contribuì ad accumulare un odio profondo verso la società, la classe borghese e le sue istituzioni. Di quel periodo il futuro führer scriverà: "Il ricordo più' triste e infelice che ho di Vienna è ricordare quella gente felice di Vienna". Hitler avrebbe potuto essere un simpatizzante dell'estrema sinistra, ma la sua origine non operaia, sicuramente contribuì a tenerlo lontano da quella area politica. L'interesse per la politica nacque abbastanza avanti con l'età, a trent'anni, fortemente colpito dalla sconfitta della Germania, che come molti attribuì all'opera di tradimento di alcune categorie importanti della nazione fra le quali la borghesia ebraica. Hitler aderì al Partito dei Lavoratori Tedeschi, un partitino abbastanza singolare che univa al socialismo l'idea nazionalista; il programma politico del 1920 parlava infatti di una "grande Germania", dell'attribuzione di tutte le cariche dello stato ad autentici tedeschi, ma anche di "statizzazione di tutte le imprese associate", di un potere centrale forte, di assistenza pubblica, e stabiliva che "l'attività del singolo non deve urtare contro gli interessi della comunità ma deve applicarsi nel quadro della collettività e per il bene di tutti". Il programma prevedeva l'eliminazione del parlamentarismo, la soppressione di molte libertà, e infine un punto abbastanza singolare che stabiliva la sostituzione del diritto romano con quello comune germanico, l'eliminazione in pratica dell'ordinamento giuridico fondato sull'individuo. Grazie alle sue grandi capacità di teatralità e di trascinatore Hitler riuscì a prendere le redini del partito e a portarlo ad una notevole crescita di adesioni. Nel 1923 creò sconcerto la sua presa di posizione sulla occupazione francese della Ruhr; mentre buona parte dell'opinione pubblica e dei movimenti politici di destra manifestavano il loro senso di patriottismo, Hitler contestava la classe dirigente del paese. Sempre in quell'anno tentò una grande iniziativa, comunicò che era in atto un colpo di stato a Monaco (in realtà un'iniziativa non condivisa dagli altri gruppi della destra bavarese) e invitò la gente a manifestare per le strade, si trattò sostanzialmente di una farsa, e la polizia non trovò particolari difficoltà a fermare i manifestanti. Hitler venne arrestato. Proprio durante la detenzione iniziò a scrivere la sua opera principale, il Mein Kampf, terminata due anni dopo. I temi trattati dal libro sono numerosi, e tutti significativi, la razza, le ragioni della disfatta tedesca, la creazione del partito nazista, l'importanza della propaganda e di altri elementi organizzativi che sembrano ripresi dalle organizzazioni di massa della sinistra. Si parlava inoltre delle nefandezze della borghesia, dell'ebraismo e del marxismo. Il libro al di là del suo contenuto ideologico costituisce un documento storico notevole che contiene importanti informazioni per capire il programma nazista, la personalità del suo autore, come anche informazioni sulla lotta politica in quegli anni, e sui limiti dei tradizionali partiti di destra. L'opera inoltre è abbastanza rappresentativa della sua epoca, la sua esposizione è confusionaria e addirittura contraddittoria (si parla di una alleanza con l'Italia e insieme della necessità di togliere a questa nazione l'Alto Adige), ma anche altamente suggestiva ed efficace. In un periodo profondamente turbato come quello in cui è stata scritta l'opera, con i tentativi insurrezionalistici dell'estrema sinistra, la rovina economica del ceto medio a causa dell'inflazione, e l'umiliazione tedesca provocata dalla occupazione della Ruhr, un'opera del genere non poteva passare inosservata. L'elemento irrazionale giocò un ruolo notevolissimo nel successo personale dell'autore e del suo movimento, le testimonianze di Albert Speer che ammise i suoi limiti in materia politica e la sua ammirazione esaltata per quell'uomo, e quella simile di Rudolf Höss, confermano tale situazione. La società ideata da Hitler è una società chiusa, non solo la nazione costituiva una entità a sé stante, come nel tradizionale nazionalismo, ma la nazione non ammetteva differenziazioni al suo interno, e si identificava strettamente con una razza. Una razza compatta dove gli uomini si sentivano profondamente legati fra loro, e dove c'era poco spazio per le iniziative personali, una specie di comunismo, sia pure sui generis e antiprogressista. "Se il popolo tedesco, nella sua evoluzione storica, avesse avuto quell'unità di gruppo che ebbero altri popoli, oggi il Reich tedesco sarebbe padrone del mondo" scrisse parlando del mondo come si presentava allora. Un'altra caratteristica che avvicina l'autore del Mein Kampf ai pensatori comunisti era la tendenza all'utopismo, ciò che si proponeva non era un semplice cambiamento politico ma un cambiamento della natura umana, la distruzione di un mondo per arrivare alla creazione di un nuovo mondo caratterizzato da una società perfetta. Come altri pensatori utopisti Hitler riteneva che fosse esistito un periodo d'oro dell'umanità, in cui gli uomini non si preoccupavano di problemi materiali, ma di migliorare le proprie qualità morali. Hitler era cosciente che la sua idea di eliminare certe aspirazioni nell'essere umano, (fra le quali la brama del denaro), e rendere l'uomo pienamente disciplinato era un obiettivo non raggiungibile che lo esponeva alle critiche, e scrisse "Non si affermi che questo è uno stato ideale che non si può attuare in realtà, e non si attuerà mai". In realtà lo spazio dedicato nell'opera alla razza ariana non è molto, maggiore è quello sulla questione ebraica. Dalla lettura del libro risulta difficile comprendere le ragioni dell'odio verso quel popolo. Gli ebrei sono oggetto di molte accuse, ma non vi sono argomenti razionali o prove concrete a supporto. Gli ebrei, che a volte si confondono con la classe borghese in generale, sarebbero infidi, controllerebbero la stampa e una parte notevole della finanza, infine sarebbero i fautori del bolscevismo, oltre che componenti della "tenaglia giudaico-massonica". In certe parti dello scritto il tono contro gli ebrei raggiunge livelli apocalittici, gli ebrei sarebbero "il meschino nemico del mondo vera causa di tutte le disgrazie" e si ricorda che "l'ebreo non riesce a organizzare ma soltanto a mettere caos".  In molte parti il Mein Kampf appare come lo scritto di un agguerrito oppositore del capitalismo. Rivolgendosi ai borghesi Hitler scrisse: "Per voi c'è un unico pensiero: la vostra esistenza personale, e un unico Dio: il vostro denaro! Ma noi non ricorriamo a voi, ma alla grande schiera di quelli che sono poveri poiché la loro esistenza esprima la più grande felicità della terra, a quelli che onorano non il denaro, ma altri Dei, ai quali dedicano la loro vita". In altre parti si accenna ad una certa eguaglianza delle retribuzioni, ed infine si afferma: "Già nell'animo dei giovani bisogna imprimere la cognizione del profondo legame del nazionalismo col sentimento della giustizia sociale". Il pensiero di Hitler sulla questione della organizzazione di partito e sui limiti dei partiti borghesi, risulta lucido e mette in luce la sua originalità, cosa che influirà molto sul successo del suo movimento. I partiti di destra in Germania come nel resto d'Europa erano ancora legati ad un modo di fare politica ottocentesco, fatto di notabili riconosciuti per la loro professionalità, il loro equilibrio e il loro senso dello stato. Le organizzazioni di massa con i loro slogan e i loro apparati propagandistici erano una caratteristica della sinistra che non trovava riscontro nelle altre formazioni politiche, e dopo la Prima Guerra Mondiale con la sua grande mobilitazione di popolo, tale situazione costituiva un grave limite. Nel Mein Kampf si legge un' interessante descrizione del clima politico di quegli anni: "Mentre i partiti borghesi, nel loro uguale grado intellettuale, formano esclusivamente un gruppo insubordinato e inabile, il marxismo costituì col suo meno dotato materiale umano, un esercito di partito... Lo scrittorucolo borghese invece, che esce dalla sua stanza di lavoro per presentarsi alla massa, s'ammala già per l'odore della folla e i suoi scritti non gli sono affatto utili. Ciò che rese ben disposti al marxismo milioni di lavoratori non è tanto lo stile dei dotti marxisti quanto l'inesauribile e veramente formidabile opera di propaganda di decine di migliaia d'instancabili agitatori". Hitler entrò anche maggiormente nel dettaglio e descrisse l'atmosfera annoiata delle riunioni del Partito Popolare e del Centro Bavarese, che stentavano ad avere presa sui cittadini, e scrisse che per arrivare al successo, un gruppo politico doveva non limitarsi alla esposizione dei semplici programmi politici ma far leva sul lato emozionale: "Potei io stesso sentire e comprendere con quanta facilità il popolano si sottometta all'incanto affascinante di una potente messinscena". Le grandi manifestazioni naziste furono infatti caratterizzate da una grande spettacolarità che suscitava forte eccitazione sia fra i sostenitori che fra i suoi avversari, e gli stessi comizi di Hitler erano caratterizzati da continui incitamenti accompagnati da quella che gli psicologi chiamano una potente comunicazione non verbale. 



TORTA AL LIMONE VEGAN

INGREDIENTI
1 bicchiere e mezzo di farina
mezzo bicchiere di zucchero
1 cucchiaino di bicarbonato
la scorza grattugiata e il succo di 1 limone
acqua
6 cucchiai di olio
1 cucchiaio di aceto
vanillina



PREPARAZIONE
Mescolare tutti gli ingredienti secchi (farina, zucchero, bicarbonato e vanillina).



Versate nel bicchiere che state utilizzando come unità di misura il succo del limone. Poi aggiungete acqua fino a riempire il bicchiere. Unite questo mix di acqua e limone alla miscela di ingredienti secchi, mescolate e unite tutti gli altri ingredienti.



Prendete uno stampo, ungetelo con olio e infarinatelo. Versatevi l'impasto e cuocete per una 20ina di minuti a 180°.



Fate raffreddare e spolverate con zucchero a velo.



lunedì 5 maggio 2014

VASSILY KANDINSKY. LA COLLEZIONE DEL CENTRE POMPIDOU

Dal 17 dicembre 2013 al 27 aprile 2014 - Milano, Palazzo Reale

Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30;
martedì, mercoledì e venerdì dalle 9.30 alle 19.30;
giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30.

Ingresso € 11 con audio guida gratutita

La mostra è una grande restrospettiva monografica del pittore, nato in Russia,vissuto in Germania e morto a Parigi (1866-1944) e presenta opere fondamentali della sua arte. Folgorato sulla via della mostra degli Impressionisti a Mosca del 1896, Kandinsky lascia la carriera universitaria per diventare pittore. Segue il classico cursus degli studi sotto la guida di grandi maestri a Monaco e soggiorna dal 1906 al 1907 a Sèvre, vicino a Parigi.
Sviluppa così il suo pensiero artistico, che abbraccia numerosi campi, la pittura, la musica, e il teatro nei quali cerca e difende lo spirituale nell’arte.
Kandinsky è stato uno dei pionieri dell’arte astratta. Il suo lavoro è stato riconosciuto e apprezzato già mentre era in vita, soprattutto in Germania dove gli fu offerta una cattedra al Bauhaus (scuola di arte e architettura tra le più famose al mondo) e poi, in Francia dove visse per undici anni fino alla morte avendo molti amici grandi pittori come Mirò. Bollate come arte degenerata da Adolf Hitler nel 1937, l’arte di Kandinsky, così apparentemente semplice e leggera, è in realtà un intricatissimo gioco di partiture, suonate da un’orchestra invisibile. La collezione del Centre Pompidou esposta a Milano è la più grande al mondo.
Ci si trova subito immersi in una sala con le pareti completamente decorate sulla base di alcune tavole che Kandinsky aveva realizzato per un salone in Germania. Il tutto è stato allestito per la prima volta in Italia. Con 145 metri quadri di superfici dipinte che rapiscono lo sguardo e danno le vertigini anche ai più esperti. Il tuffo emotivo nelle linee e nei colori prosegue e si dilata in altre otto sale dove sono esposti più di 80 pezzi tra quadri e disegni, esposti in ordine cronologico. 
Da Vecchia città del 1902 a Blu di cielo del 1940 passando attraverso Mulini a vento (1904), Nel grigio (1919), Giallo, rosso e blu (1925) Accento in rosa (1926), Insieme multicolore (1938).
L'arte di Kandinsky può sembrare oscura e per capirla vorrei partire dalla parola "astratto", cioè "senza riferimento a cose reali". Ma siamo sicuri che sia così? Pensiamo che le cose reali siano solo quelle che si toccano? Per Kandinsky gli stati d’animo erano dei soggetti perfetti, oltre che belli, per i suoi dipinti. Ma come si possono rappresentare? Nei suoi numerosi scritti, il pittore ha spiegato che ogni colore ha una sua forma privilegiata e può corrispondere a una passione. Una sorta di dizionario dove ogni cromatismo ha il suo significato preciso.
Kandinsky è un grandissimo della pittura e non si può fare a meno di ammirarne l'arte, che denota enorme sensibilità artistica che arriva e tocca la nostra spiritualità. Nonostante tutto ciò, devo dire che durante tutta la mostra sono rimasta abbastanza tiepida e non ho provato grandi emozioni ammirando questi capolavori (per avere un'idea anche del valore economico di quello che ci troviamo di fronte, basti pensare che per la casa d'aste più famosa del mondo, Christie’s, un’opera della serie Improvvisazioni è stimata tra i 20 e i 30 milioni di dollari).
Probabilmente si tratta di una mia mancanza, non ho capito appieno questo grande artista. O forse, complice il fatto che ho visitato la mostra in un pomeriggio prefestivo, le sale erano troppo affollate e quindi non sono riuscita a godermi la bellezza delle opere.
Nota di merito per "Giallo, rosso e blu" che non ha mancato di suscitare in me grande ammirazione e la tipica sensazione di grande fortuna, che spesso mi capita di provare quando mi rendo conto di avere l'opportunità di vedere dal vivo opere immense e che mi spingono a pensare sempre più che l'arte non può e non deve essere il privilegio di pochi, ma che altresì deve essere alla portata di tutti, nella sua universalità.


Giallo, rosso e blu, 1925 


giovedì 1 maggio 2014

Russell Crowe è il patriarca biblico Noè
































Noah

(Stati Uniti, 2014)
Regia: Darren Aronofsky
Cast: Russell Crowe, Jennifer Connely, Anthony Hopkins, Emma Watson
Genere: azione, biblico, drammatico, epico

La storia narra la celebre impresa biblica compiuta dal patriarca Noè scritta nel libro della Genesi dell'Antico Testamento, che prevede la costruzione di un'imponente arca allo scopo di salvare il destino di tutti gli uomini giusti dal diluvio universale progettato da Dio.
Tanto tempo fa, in seguito alla nascita della Terra e di tutti gli esseri viventi, il Creatore (così viene chiamato per l'intero film) dà vita ad Adamo ed Eva, una coppia di creature a sua immagine e somiglianza (gli uomini), e li fa vivere nell'Eden al suo fianco. Ma questi, irretiti dal serpente, dopo aver raccolto il frutto della tentazione, vengono sopraffatti dall'odio e vengono esiliati sulla Terra, dove poi avranno tre figli: Caino, Abele e Seth.
Accecato dall'odio, Caino arriva ad uccidere con una pietra suo fratello Abele, per poi fuggire lontano e trovare rifugio da una stirpe di angeli caduti, chiamati "Vigilanti". Pian piano, i discendenti di Caino si espandono in tutta la Terra diffondendo odio e tristezza dappertutto. L'unica speranza è riposta nei pochi rimasti discendenti di Seth.
In seguito alla successione di dieci stirpi, Noè, protagonista della storia, assiste impotente all'assassinio di suo padre Lamech da parte del capostirpe degli attuali discendenti di Caino, Tubal-cain. Anni dopo, Noè diviene padre di tre figli, ovvero Sem, Cam e Jafet. Una notte, egli vede in sogno una misteriosa inondazione e la montagna dove vive suo nonno Matusalemme davanti ai suoi occhi. Risvegliatosi, si rende conto che ciò era un messaggio divino, per cui decide di intraprendere un viaggio con i suoi familiari per dirigersi da Matusalemme e chiedergli risposte.
Durante il viaggio, trovano una bambina di nome Ila ferita gravemente al ventre. Naamah, la moglie di Noè, si offre di curarla e di prenderla con loro, ma subito dopo avverte suo marito che a causa della ferita ella non potrà mai avere figli. Si imbattono poi in un gruppo di Vigilanti, simili ad orrendi giganti di pietra, il cui capo, Samyaza, ordina di gettarli in una fossa e lasciarli morire; uno di loro però, il Guardiano Og, si offre inaspettatamente di accompagnarli a destinazione. Egli spiega che un tempo i Vigilanti erano angeli di pura luce che, guardando la stirpe di Adamo e Eva nella miseria, contravvenendo all'ordine del Creatore, decisero di aiutarla, al prezzo del loro aspetto che il fango e la terra imprigionarono per sempre; grazie alle loro abilità gli uomini sopravvissero, ma col tempo le trasformarono in strumenti di violenza e resero schiavi i Vigilanti. Ci fu un uomo, però, che li salvò e quell'uomo era proprio Matusalemme, un membro della stirpe di Seth.
Arrivati alla montagna, Noè porta Sem con sé sino alla grotta di Matusalemme, dove finalmente scopre la sua missione: costruire un'arca dove mettere in salvo tutte le coppie di ogni specie di animale dal diluvio che il Creatore ha in piano. A questo proposito Matusalemme dona al nipote qualcosa di inaspettato: un seme proveniente dall'Eden. Quella sera stessa Noè pianta il seme nella terra. Il giorno dopo Noè e i suoi cari scoprono che Og stà per essere portato via da Samyaza e dai Vigilanti Magog e Rameel, colpevole di aver aiutato l'uomo e la sua famiglia, ma il Creatore, inondando d'acqua il seme e facendo crescere una gigantesca foresta, fà capire a Samyaza che la missione che Lui ha dato a Noè è molto importante. Inizia subito il suo progetto per una gigantesca arca, con Noè aiutato dalla sua famiglia e dai Vigilanti.
Passato qualche anno, la costruzione dell'arca sta volgendo quasi al termine. Nel frattempo, Sem si innamora di Ila, dalla quale è ricambiato, ma ella pensa che il suo amato debba meritare una donna fertile che possa donargli una famiglia. Cam invece, al contrario del fratello, non ha moglie, né spasimante, ma brama di non essere più trattato come un bambino dal padre.
Purtroppo, durante le ultimazioni dell'arca, vengono raggiunti da una tribù di discendenti di Caino, comandati da Tubal-cain, lo stesso uomo artefice dell'omicidio di Lamech. L'uomo avverte Noè che loro non intendono piegarsi ad un improbabile miracolo, in quanti ritenuti superiori a qualsiasi cosa, anche al Creatore stesso. Nonostante tutto, Tubal-cain avverte che se mai il diluvio dovesse avvenire, loro salirebbero sull'arca con lui.
Noè comincia a rendersi conto di quanto anche loro siano simili agli uomini di Tubal-cain. Pensa infatti che nessun'uomo può sfuggire all'odio e alla violenza di Caino, per cui decide che al termine della tempesta nessun'altro uomo dopo di loro dovrà mai vivere sulla Terra, proprio come anche lo stesso Creatore desidera.
Tuttavia, Cam vorrebbe avere sull'arca anche una donna per lui, proprio come Sem, ma a causa di questo, ha un brusco litigio col padre e si allontana. Naamah, convinta che la decisione di suo marito sia uno sbaglio, si reca da Matusalemme a chiedergli aiuto in quanto le piacerebbe che i loro figli vivessero felici con le proprie mogli e le proprie famiglie. Matusalemme si dirige quindi ai piedi della montagna in cerca di bacche, ma incontra Ila, la quale, accorsa alla ricerca di Cam, si fa dare la sua benedizione e diviene finalmente fertile, per poi spingersi ad un rapporto passionale con Sem.
Cam intanto, trova in una fossa di cadaveri uccisi da Tubal-cain una ragazza di nome Na'el con la quale instaura subito un profondo legame. Il diluvio però ha inizio e Noè è costretto a far risalire i suoi figli sull'arca. Tubal-cain e i suoi soldati attaccano purtroppo Noè, ma questi viene aiutato dai Vigilanti, i quali, per via del loro nobile gesto, vengono infine riaccolti nell'Eden.
Durante l'imbarcazione, Cam vorrebbe portare Na'el con sé, ma mentre i due raggiungono l'arca, la ragazza cade in una trappola di Tubal-cain. Noè accorre in aiuto di suo figlio, che lo prega di salvare anche Na'el. Il patriarca tuttavia, la abbandona al suo destino, e la ragazza muore investita dai soldati.
Nel caos della battaglia, Tubal-cain riesce ad infiltrarsi nell'arca, ma rimane ugualmente ferito. Alla fine l'acqua prende il sopravvento sulla Terra e tutti gli altri uomini vengono sommersi. Anche Matusalemme, felice dopo essere riuscito finalmente a mangiare una bacca, si lascia travolgere dalle onde.
Sull'arca intanto, Cam scopre che Tubal-cain è riuscito a salire a bordo, ma decide di tenerlo nascosto al padre e di aiutarlo a riprendersi dalle ferite ricevute in battaglia.
I piani di Noè vanno secondo previsto, ma ad un tratto arriva una notizia a sconvolgere l'intera situazione: Ila rimane incinta e ciò crea dei disagi nell'animo di Noè in quanto la nascita di un altro bambino porterebbe a nuove stirpi della razza umana, cosa che non era assolutamente prevista dal Creatore. Il patriarca decide infatti che se mai nascesse una femmina, sarebbe costretto ad ucciderla poiché in grado di procreare altri uomini.
Naamah però lo avverte che se mai fosse capace di commettere un atto così atroce, morirà da solo e dimenticato da tutte le persone a lui più care.
Al termine della pioggia, Sem e Ila decidono di mettersi in salvo su una zattera dal volere di Noè, ma questi la incendia scatenando l'ira del figlio. Il parto di Ila è però imminente, infatti a causa di alcune contrazioni, la ragazza viene portata al sicuro da Naamah. Nel mentre Tubal-cain, ripresosi dalle ferite, decide di usare Cam come esca per uccidere finalmente Noè. I due ingaggiano quindi una feroce lotta, alla fine della quale però Cam prende le difese del padre e infilza Tubal-cain con un coltello provocandone la morte.
Ila intanto ha avuto non una bensì due gemelle femmine. Noè è deciso ad eliminare entrambe per volere di Dio, nonostante la tristezza dei suoi familiari. Quando però è sul punto di compiere il folle gesto, viene preso dai rimorsi e getta a terra il coltello.
Finalmente le acque si prosciugano e la Terra ricomincia a germogliare. Noè si allontana però dai suoi familiari consapevole di essere andato contro il volere del Signore. Ila gli fa capire che ciò che ha fatto era un gesto di amore e non di disobbedienza nei confronti del Creatore. Noè si riavvicina ai suoi parenti e benedice le due piccole nipoti, ma tuttavia, Cam si allontana da loro, incapace di perdonare il padre e desideroso di trovare finalmente un posto adatto a lui.
Nonostante molte scene fossero davvero spettacolari, come l'ingresso degli animali nell'arca o l'inizio del diluvio, devo dire che a tratti mi sono annoiata. Promuovo in pieno gli effetti speciali e la bellezza e bravura di Russell Crowe, ma devo dire che ho preferito la prima parte, poi da quando il gruppo si trova all'interno dell'arca a causa del diluvio l'ho trovato sempre più lento e noiosetto. 


venerdì 21 febbraio 2014

Pollock e Gli Irascibili - La scuola di New York

Dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014 - Milano, Palazzo Reale

Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30;
martedì, mercoledì e venerdì dalle 9.30 alle 19.30;
giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30.
Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura

Ingresso € 11 con audio guida gratutita

Paul Jackson Pollock (Cody, 28 gennaio 1912 – Long Island, 11 agosto 1956) è stato un pittore statunitense, considerato uno dei maggiori rappresentanti dell'Espressionismo astratto o Action painting.
Pollock era il più giovane di cinque fratelli e trascorse la sua gioventù tra l'Arizona e la California. Nel 1929 si trasferì a New York dove diventò allievo del pittore Thomas Hart Benton alla Art Students League.
Nell'ottobre del 1945 Pollock sposò una nota pittrice statunitense, Lee Krasner, e il mese successivo si trasferirono in quello che è ora conosciuto come il Pollock-Krasner House di Springs, Long Island. Peggy Guggenheim prestò loro la somma necessaria per pagare l'anticipo di una casa in legno con annesso un fienile, che Pollock trasformò in un laboratorio. Fu lì che perfezionò la sua celebre tecnica di pittura spontanea con cui faceva colare il colore direttamente sulla tela.
Pollock sviluppò quella che venne in seguito definita la tecnica del dripping (in italiano sgocciolatura). Per applicare il colore si serviva di pennelli induriti, bastoncini o anche siringhe da cucina. La tecnica inventata da Pollock di versare e far colare il colore è considerata come una delle basi del movimento dell'action painting.
Operando in questo modo si distaccò completamente dall'arte figurativa ed andò contro la tradizione di usare pennello e cavalletto, decidendo inoltre di non servirsi per il gesto artistico della sola mano: per dipingere usava tutto il suo corpo. 
All'età di 44 anni, dopo aver lottato con l'alcool per tutta la vita, la carriera di Pollock fu improvvisamente e tragicamente interrotta l'11 agosto 1956, quando perse la vita in un incidente stradale, causato dal suo stato di ebbrezza, avvenuto a meno di un miglio di distanza dalla sua casa di Springs. Con lui viaggiavano due donne: la sua amante Ruth Kligman, sopravvissuta, e la di lei amica Edith Metzger, deceduta.

Era il maggio del 1950 quando il Metropolitan Museum of Art di New York annunciò l’organizzazione di un’importante mostra dedicata all’arte contemporanea americana. Assenti dal parterre degli invitati furono proprio i pittori che a partire dalla seconda metà degli anni Trenta avevano mosso i primi passi verso un linguaggio pittorico nuovo, rivolto all’Espressionismo Astratto. 
Nel gennaio del 1951 la rivista “Life” pubblicò l’emblematica fotografia di Nina Leen che ritrasse quindici degli “Irascibles” vestiti da banchieri,  definiti tali per via di una lettera di protesta inviata al Metropolitan Museum of Art, all'indomani della loro esclusione dalla mostra. Al centro della foto Jackson Pollock, con lui, oltre a Willem de Kooning, Mark Rothko, Barnett Newman e Robert Motherwell, Adolph Gottlieb, William Baziotes, James Brooks, Bradley Walker Tomlin, Jimmy Ernst, Ad Reinhardt, Richard Pousette-Dart, Theodoros Stamos, Clyfford Still e Hedda Sterne, unica donna del gruppo.
Protagonista indiscussa della mostra è l’opera Number 27, 1950 di Pollock, forse il suo quadro più famoso, nonché prestito eccezionale, data la delicatezza e la fragilità di questo olio, oltre alle sue dimensioni straordinarie − circa tre metri di lunghezza. Il Whitney Museum ha eccezionalmente acconsentito a fare viaggiare questʼopera, alla quale è dedicata unʼintera sala di Palazzo Reale. 
Rothko, de Kooning, Kline sono presenti con alcuni tra i capolavori più rilevanti della collezione del Whitney, come Mahoning di Franz Kline (1956), Door to the River di Willem de Kooning (1960) e Untitled (Blue, Yellow, Green on Red) (1954) di Mark Rothko, accanto a opere di artisti come William Baziotes e Bradley Walker Tomlin, che con la loro produzione permettono una narrazione più completa, e diversificata, emblematica dell’epoca stessa e della prassi collezionistica del Whitney, precoce e importante sostenitore dell’Espressionismo Astratto.

Era una giornata di metà febbraio a Milano, quando sono entrata a Palazzo Reale, ma si percepivano temperature primaverili. Nonostante, appena avevo saputo della presenza di Pollock a Milano ho desiderato andare a vederlo, ero un po' dubbiosa su questa mostra perché avevo saputo che era presente un solo dipinto del celebre artista americano e pensavo che tutti gli altri quadri esposti fossero il classico contorno che, spesso, non è mai molto interessante.
Invece sono uscita entusiasta! Non solo la mostra è molto bene allestita, ma alcune tele sono davvero splendide. Appassionante poter vedere dal vivo la pubblicazione di un servizio di quattro pagine della rivista Life dell'8 agosto 1949 che si chiedeva: "E' il più grande pittore vivente degli Stati Uniti?". Ho adorato la gran parte dei dipinti con una speciale predilezione per Pollock, ovviamente, ma anche Rothko, de Kooning e Kline. Ho amato i loro quadri così ricchi di tecnica e che però grazie alla grande fantasia degli artisti mi hanno fatto spaziare e viaggiare con la mente. E' stato molto emozionante per me potere ammirare queste splendide importanti opere! Una mostra stupenda che mi è piaciuta molto e che mi sento di consigliare a tutti gli amanti dell'Espressionismo Astratto.


Pollock, Numero 27 , 1950